La lotta ai trafficanti di antichità in Italia ha un nome: Roberto Conforti, ora generale in pensione, negli anni '90 a capo del Comando Tutela Patrimonio Artistico.
La sede operativa del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico, in Roma, si trova all'interno di un antico palazzo bianco-ocra di quattro piani. Vero e proprio gioiello di arte barocca, si trova in piazza Sant'Ignazio, a Roma, di fronte la chiesa gesuita di sant'Ignazio, famosa per il dipinto di Andrea Pozzo, che svetta all'interno della cupola.
Il Comando è suddiviso in dodici unità regionali, una delle quali a Napoli.
Ed è proprio qui, a Napoli, che venne istituita la sede operativa per le investigazioni della rapina di Melfi.
Lo stemma
Uno dei vasi che erano stati rubati nel furto di Melfi, mostrava una scena in cui Ercole combatteva contro Gerione, un fortissimo gigante con tre teste, tre busti e due sole gambe.
Dal momento che il mostro con tre teste richiamava in qualche modo, Cerbero il cane infernale, anch'egli con tre teste, il Colonnello Roberto Conforti (all'epoca responsabile del Comando, oggi generale in pensione), trasse il nome in codice per l'indagine dei vasi di Melfi; l'"Operazione Gerione".
Nel '94, Roberto Conforti aveva cinquantasette anni, ed era stato responsabile della Art Squad per poco più di quattro anni. Originario di Serre, piccolo paese della provincia di Salerno, Roberto Conforti proveniva da una famiglia meridionale con solide tradizioni, dove ancora ai genitori ci si rivolgeva dando del “voi”. Il padre era un funzionario, mentre la madre insegnante.
La carriera dell’allora colonnello Conforti, fu un susseguirsi di compiti difficili, uno dietro l’altro. Già in sardegna verso la fine degli anni ’60, in pieno banditismo sardo, nel 1969, si trasferì a Napoli per assumere l’incarico di comandante della zona Poggioreale, noto per ospitare il famigerato carcere.
Posto a capo dell'unità investigativa di Napoli, Conforti si trovò proiettato nel momento clou dei sodalizi della delinquenza organizzata. Difatti, fu proprio in quegli anni che la Camorra e Cosa Nostra iniziavano a consolidarsi, dando inizio a traffici di droga internazionali.
Ma i successi arrivarono ancora e così pure la promozione, questa volta il Colonnello venne trasferito a Giuliano, forse la zona più infestata dalla camorra di quegli anni.
Successivamente ebbe il comando di tutta l’area partenopea. Sul finire degli anni ’70, venne trasferito a Roma e messo a capo del Comando dell’unità operativa, proprio dove vi era maggiore necessità di avere poliziotti “vecchio stampo” come Conforti, in piena lotta contro le B.R.
Durante la sua carriera, Roberto Conforti accrebbe grande esperienza, dal momento che fu chiamato a contrastare moltissimi aspetti della criminalità italiana. In tal modo imparò i trucchi del mestiere, a lavorare per lunghi periodi sotto copertura e battere i peggiori criminali organizzati sul territorio italiano.
Nel 1990 gli viene assegnato il comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico, una squadra che all’epoca constava di soli sessanta uomini, la cui unica sede era il palazzo di Piazza Sant'Ignazio. Nei due anni che seguirono, Conforti riuscì a stabilire un’ulteriore distaccamento a Palermo e ancora dopo due anni un altro a Firenze.
Infine, nel periodo della rapina di Melfi, vennero aperte le sezioni di Napoli, Bari, Venezia e Torino.
Durante l’esperienza nella Tutela Patrimonio Artistico, Conforti ebbe modo di prendere atto di come, mentre i musei d'arte italiani fossero ben custoditi , i relativi tesori archeologici sono piuttosto trascurati, rappresentando “il parente povero” della situazione. Ciò perché tra le tante priorità dello Stato, queste ricoprivano probabilmente il rango più in basso. Anche per questo aspetto, il furto di Melfi appariva fin dall’inizio un caso che sarebbe stato risolto con estrema difficoltà. C'era soltanto un aspetto che dava speranza al Colonnello.
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CAMILLA (mercoledì, 11 novembre 2020 17:11)
Salve, è possibile leggere il proseguo dell'articolo?
grazie